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Calendar by Kieran O'Shea
Celestografia (2011-12)
for soprano and string quartet
commissioned by Fondazione Spinola Banna per l’arte
First performance
Fondazione Spinola
14/05/2011
New version
11/4/2012
Unione Musicale, Turin
Valentina Coladonato, soprano
Quartetto Prometeo
Dove?
sei?
Dove?
sei?
Dove?
dove?
sei?
sei?
dove?
dove sei?
dove?
sei?
ecco
ecco
dove?
Dove?
Figlia dove sei?
Dove sei?
sei?
Dove sei
dove sei?
sei sei dove?
sei
dove sei figlia
mi sei pae
sei
sei?
Dove sei?
sei sei
dove sei?
dove sei?
dove sei?
dove sei?
sei?
Dove sei?
Dove sei?
sei?
Dove sei?
Dove sei?
La composizione comprende in sé un testo (non è “su un testo”) liberamente ispirato a Il sogno di Strindberg, dove le parole si riducono a cinque: “Dove sei figlia? Eccomi padre”, ma moltiplicate attraverso innumerevoli ripetizioni, scomposte in sillabe che si incontrano e si oppongono secondo una logica puramente musicale; non c’è narrazione dunque, e lo stesso senso di una domanda/risposta resta sospeso. In capo al brano l’autore scrive un motto spinoziano: “Emendatio intellecti”, aspirazione a una pulizia della mente da ingombri materiali, che in musica tende a una percezione liberata da tutto ciò che non è suono, in un’identificazione di scrittura e forma immediata. Apre una sezione di staticità su note ferme (che sono tali solo in apparenza, perché al loro interno tendono ad aprirsi e richiudersi in crescendi e diminuendi), seguita da un episodio (“eccomi”) di figure che si muovono per minimi intervalli cromatici, affastellati nella coppia di violini in un fascio vibrante di trilli; questa figura, poi inglobata nel brano in continue varianti, contagia con la sua animazione voce e strumenti che crescono alla fine della sezione in una fibrillazione generale. Dopo un nuovo momento di stasi, con note prolungate tenute in tensione dalle dissonanze degli intervalli, l’ultimo episodio riprende e riplasma figure già conosciute, ma si distingue per l’emergenza del violoncello che segue o si unisce alla voce del soprano; brevi “scene”, separate da lunghe pause, concludono la composizione. Celestografia, ci informa l’autore, «prende il suo titolo da una pratica fotografica della fine dell’Ottocento, che anche August Strinberg ha praticato. Si tratta di lasciare impressionare una lastra metallica iodata alla luce del giorno. Il disegno che si crea è una figura completamente astratta che veniva interpretata come paesaggio dell’anima».